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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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I doveri, III, 75
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originale
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[75] Qui hoc non perviderit, ab hoc nulla fraus aberit, nullum facinus. Sic enim cogitans "est istuc quidem honestum, verum hoc expedit", res a natura copulatas audebit errore divellere, qui fons est fraudium, maleficiorum, scelerum omnium. Itaque si vir bonus habeat hanc vim, ut, si digitis concrepuerit, possit in locupletium testamenta nomen eius inrepere, hac vi non utatur, ne si exploratum quidem habeat id omnino neminem umquam suspicaturum. At dares hanc vim M. Crasso, ut digitorum percussione heres posset scriptus esse, qui re vera non esset heres, in foro, mihi crede, saltaret. Homo autem iustus isque, quem sentimus virum bonum, nihil cuiquam, quod in se transferat, detrahet. Hoc qui admiratur, is se, quid sit vir bonus, nescire fateatur.
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traduzione
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75. Se uno non si render? conto di ci?, sar? capace di ogni frode, di ogni delitto; ragionando, infatti, cos?: "Questo, in verit?, ? onesto, ma quest'altro ? utile" arriver? al punto di scindere due cose che la natura ha strettamente unito, con un errore che origina frodi, misfatti ed ogni genere di delitti.
Perci? se un galantuomo avesse una tale potenza da essere in grado di far inserire il suo nome nei testamenti con un semplice schiocco delle dita, non se ne servirebbe, neppure se avesse la sicurezza che nessuno mai nutrirebbe sospetti; ma se tu dessi questo potere a Marco Crasso, d'essere cio?, con un semplice schiocco delle dita, registrato come erede senza essere realmente erede, credi a me, si metterebbe a danzare nel Foro. Invece l'uomo giusto e quello che intendiamo per uomo onesto, non sottrarrebbe niente a nessuno per prenderselo per s?. Chi si meraviglia di ci?, ammette di non sapere che cosa sia un uomo onesto.
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